FOTO e COMMENTI
>>>AndòCorri>>>
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Il suono della sveglia mi obbliga ad aprire gli occhi troppo presto….sonno, pancia vuota e bocca impastata mi ricordano la serata passata tra aperitivi, aperitivi e ancora aperitivi, proprio come i veri atleti!!
Gruppo Runners foltissimo, anche qualche infiltrato tra noi…tutti ansiosi di partecipare a questa gara, la quarta edizione dell’Ossola Trail e terza dell’Ossola Half Trail 25km.
La partenza è da Vogogna presso il castello Visconteo, alle 8.00 l’aria è ancora freschina e dopo la pioggia dei giorni scorsi si sente il profumo intenso dell’erba bagnata…ottima temperatura per il fisico, il corpo reagisce meglio e rende meglio.
Sono già quasi le 9, manca pochissimo alla partenza…i miei compagni sono arzilli e chiacchieroni, gli ultimi chiarimenti sul percorso da parte di Carlo (l’organizzatore della gara), io inizio a pensare ad altro e distrarmi e subito…..Via Si va!!
Intorno a me c’è chi parte a “fionda” e chi non “strafa” mantenendo un andatura sopportabile in previsione dei km e delle salite che ci aspettano…ecco, io faccio parte del secondo gruppo, ma penso sia colpa degli aperitivi della sera prima che anestetizzano ancora un po’ le mie gambe e il mio cervello!
Dopo un giro veloce in centro a Vogogna si sale subito su una mulattiera…pochi metri e mi rendo subito conto che non sarà un percorso tanto semplice, per di più la pioggia ha reso parte del percorso molto scivoloso…infatti…aiuuuuutoooo, mi aggrappo ad un albero e volo sdraiata come la venere di Botticelli…oddio, un po’ meno serena ma comunque…..in men che non si dica, incasso il colpo e mi alzo alla velocità della luce…ok, si riparte, occhi aperti e un po’ di attenzione!!
Mi sorpassa una donna, non tento nemmeno di starle dietro…è impossibile, impensabile per me tenere quel ritmo su questa salita, mi sfiancherei senza trarne beneficio!
Così, rimuginando sulla favolosa caduta di poco prima, procedo di buon passo sulla salita…Il sole è già alto ma noi stiamo freschi nel bosco, si sente una leggera brezza e il viso già bagnato dal sudore è quasi freddo!
Passiamo i comuni di Premosello, Chiovenda e Ornavasso, alcuni tratti su strada mi permettono di sciogliere bene le gambe, l’asfalto nero riverbera calore e a me fa solo piacere…recupero qualcuno sui falsipiani, lì vedo scappar via durante le discese e li riprendo nelle salite…insomma, si finisce per vedere sempre le stesse facce ma non riesco a fare gruppo con nessuno….andature troppo diverse…meglio così, posso procedere al mio passo, occupare la testa nei miei mille pensieri, sorridere quando qualcuno mi incita e rimenere concentrata con lo sguardo basso quando sento la stanchezza!
Alzo lo sguardo, siamo quasi alla seconda salita, i colori intorno sono intensi, mille sfumature di verde, le gambe girano benissimo….avanzo con passo deciso, gli aperitivi ormai evaporati completamente con il sudore, e cosa vedono i miei occhi????…Siiiiiiiiii, la donzella che mi ha superato una decina di km fa…beeeeene, beeenone….” Mi sa che il prossimo sabato, prima di una gara, bevo qualcosina in più…chissà che sia buon auspicio!!!”
Passo il ristoro, una fermata velocissima…praticamente un pit-stop…non posso perdere troppo tempo, riparto rinfrancata e di gran carriera, tant’è che riesco a completare tutta la salita con piccoli passettini ma sempre di corsa.
Mi viene in mente una canzone che mi è frullata in testa per tutto il sabato, e anche in questa situazione non è per niente fuori luogo…”il volo del calabrone”…che ridere!!
Inizia la seconda discesa che ci porterà a Mergozzo all’arrivo dei 25km, cerco di scendere il più velocemente possibile, inizio ad avere caldo e sete e alla deviazione per i 35km mi avvisano che poco più avanti ci sarà un ristoro…inizio a sentire un po’ di stanchezza ma arrivata al tavolino….Noooo, acqua frizzante e coca-cola…incredibile la sensazione piacevole delle bibite gassate quando si è sotto sforzo!! Pazzesco, basta così poco per risollevare forza fisica e morale!!
E adesso mi aspetta la parte più dura, così dicono…anche perché trovo sia tutto molto soggettivo…comunque non sbagliavano di tanto raccontandomi del Montorfano, soprattutto perché ormai di km nelle gambe ce ne sono già 26!!
Le pupille saettano alla ricerca di qualcuno davanti a me che mi faccia compagnia in questo tratto….niente, nessuno, inizio a pensare di essere sola su questo percorso…aguzzo la vista e cerco di stare attenta alle segnalazioni…(per gli amici sono TomTom Scilla, proprio perché mi perdo anche in casa!!)
Passa liscia anche questa prova, ma a intermittenza i polpacci cercano di contrarsi un po’…come un inizio di crampo….”ma non ci pensare neanche” mi dico, “arrivata fino a qui, e forse anche come prima donna hai intenzione di farti venire i crampi ai polpacci…maddaiiii, taci e fila”
Così inizio a pensare che in nessun film d’azione o di guerra, gente che corre, spara, si butta a terra, salta, si butta da qualsiasi altezza….mai nessuno con un crampo??!! Quindi i crampi saranno frutto della mia immaginazione…ebbè, sicuramente si!!
Fortunatamente è un discorso talmente convincente che anche i miei polpacci non si lamentano più…cavoli, troppo persuasiva…dovrei buttarmi in politica!!
Non mi voglio soffermare troppo sul racconto dell’ultima discesa…allucinante lei e scandalosa io…una corsa penosa, ma ormai manca poco e mi posso perdonare questo scempio…inizio a canticchiare la canzone “stessa spiaggia stesso mare” cambiando le parole con Ossola Trail devi fare e, curva dopo curva mi avvicino all’arrivo…inizio a sentire le voci dello speaker…inizia il Toto-Arrivo…do un’occhiata al GPS per guardare solo i km e ho la conferma che ormai è fatta.
“Arrivaaaaaa” vedo Matteo che mi è venuto incontro ed inizia a correre, ad incitarmi e avvisare gli altri del mio arrivo…E chi mi ferma più…scendo con passo veloce e arrivo al traguardo….1^ donna…che felicità!
L’anno prossimo non cambiare, l’Ossola Trail devi fare!!
Scill@ — foto e video
TAPASCIO SFIGATUS.
No limits … no Compa! Storia tragi-comica di un infortunio.
Bagài,
durante la mia prima “vita podistica” ho sempre cercato di raggiungere i massimi obiettivi possibili in termini di velocità, che per me erano i 6”/km —)))
Qualche raro allenamento e poi un paio di uscite settimanali in cui prediligevo le lunghe distanze; non sono mai stato un atleta ma nelle retrovie mi difendevo bene.
Dopo il problema al ginocchio, cartilagini kaputt, l’ortopedico mi ha detto di fare nuoto e bici ma di evitare ogni sport in cui il piede battesse sul terreno …
Ho risposto “obbedisco” ed … ho continuato a correre! Però partendo dalla consapevolezza che non avrei più potuto fare quello che facevo prima e che avrei dovuto gestire il ginocchio in modo ragionevole; niente corse lunghe, velocità da bradipo (7”-7.30”/km) alternando corsa al passo.
Ho perciò privilegiato le tapasciate e quelle gare in cui il tempo massimo fosse “clemente” ed in cui prevalesse lo spirito goliardico e la voglia di stare insieme: le missioni dei Podisti da Marte in primis e poi le gare sociali dei Road, le Run5.30, la staffetta MCM, ecc.
In quest’ottica mi sono iscritto domenica 3 luglio alla “Brescia no limits” gara “goliardica” di 20km su terreni accidentati con ostacoli da superare; tempo massimo 5 ore; ho fatto squadra con 2 belle pollastrelle, Elena e Lauretta; arrivati in zona chiediamo ad un vigile dove parcheggiare “Pota, metèla lè o là in dùe ghè post!”; giuro la prima parola che ha detto è stata “pota”! al ritrovo si respirava un’aria di festa e di allegria; c’erano tantissimi amici che Gisimix truccava magistralmente di bianco-rosso-verde.
Chiassosa la partenza con un giro di lancio e subito gli ostacoli, balle di fieno e palizzate da scavalcare e passaggi sotto cui “strisciare”; molto divertente; poi entriamo nel letto secco di un torrente pieno di rovi ed ortiche che dobbiamo risalire scavalcando una ventina di muretti di contenimento, alcuni davvero difficoltosi; durante un passaggio una scarpa stringata ed una disattenzione e … picchio una culata tremenda! ‘l cùìn urla vendetta “che màl de cù! che màl de cù!”. Rimango un po’ frastornato e fatico a ritrovare l’equilibrio; dico alle ragazze di proseguire e con calma mi riprendo e vado avanti; seguito dal servizio scopa raggiungo a fatica la fine del torrente e proseguo lungo un sentiero più agevole.
Al termine della prima collina si torna su asfalto e si scende; provo a correre ma ‘l cùìn al vùsa “oi che dolòr, oi che dolor” … Proseguo tranquillo, riempio la borraccia ed affronto la seconda impegnativa salita; capisco che è successo qualche disguido sul percorso quando comincio ad essere superato da atleti che mi stavano davanti; Pino e la Yle che smadonna come un camionista turco … Arrivano anche Elena e Lauretta; scolliniamo e proseguiamo per un tratto in costa per poi scendere; l’ultimo salitone è la scalinata dei 1.000 gradoni; poi si scende a precipizio verso il castello di Brescia.
Le scalinate del castello non finiscono mai; raggiungo le mie pollastrelle al poligono; sparo senza capire se faccio centro poi io ed Elena andiamo al taglio del tronco mentre Lauretta viene imbragata per il volo sul fossato; con i due pezzi di legno in spalla usciamo dal castello quando sull’ultimo gradino avviene il patatrac; metto male il piede, mi sbilancio e cado sul fianco; sembra una caduta da nulla; praticamente neppure un graffietto; ma ho battuto il gomito e quando cerco di rialzarmi mi accorgo subito che il braccio destro si muove per conto suo e mi fa un male boia … Mi accascio per terra tenendo il braccio; arrivano subito i soccorsi; Elena sta per fare il 118 ma le dicono che l’ambulanza di servizio è qua vicino; e difatti arriva subito; nonostante il dolore riesco a rimanere lucido; dò le chiavi dell’auto ad Elena e mi faccio mettere i documenti nel taschino della t-shirt.
In breve mi ritrovo steso sul lettino del pronto soccorso; mi fanno la lastra e mi dicono che c’è una lussazione con una leggera frattura del gomito; la dottoressa cerca di ridurmi la lussazione a mente lucida; sono in tre, una mi blocca la spalla, l’altra mi tiene il braccio e la terza spinge; dopo qualche tentativo con la coreografia di tutte le stelle del firmamento decidono che è meglio addormentarmi…
Mentre aspetto cerco di avvisare casa; infilato nei pantaloncini ho l’ai-quaicoss che mi ha lasciato Elena; ogni tanto emette qualche suono strano; io vorrei solo telefonare a casa ma sono in una situazione fantozziana; braccio destro disarticolato, mano sinistra che tiene il braccio destro; se lo mollo vedo tante stelle; occhiali da corsa ca ghè vedi ‘n tùbo; ai-quaicoss che se c’avesse i bottoni con i numeri come tutti i telefoni … dopo qualche tentativo disperato ci rinuncio!
Finalmente mi addormentano e tentano di aggiustarmi; quando mi sveglio scopro che ho vinto un soggiorno premio presso l’ospedale di Brescia dove domani mi operano per ridurre la frattura; nel frattempo hanno fatto entrare Elena che mi porta la borsa, mi cambia gli occhiali ed il telefonino. GRAZIE ELENA!!! La metto in contatto con Maria Grazia per il recupero auto e la saluto caldamente.
In reparto il mio compagno di cella è un piccolo pakistano che sembra il fratello minore di Peter Sellers di Hollywood Party (un film che per me è un mito); ha la spalla steccata, un cerotto in testa ed un dito fasciato e la prima cosa che mi dice è: “Io no colpa! Semaforo verde quando io passa, io no colpa!”; di italiano spiccica tre parole in croce e scopro che è stato dimesso da due giorni ma che non sono riusciti ancora a convincerlo che deve andare a casa, forse perchè una casa non ce l’ha … Ogni volta che entra un infermiere lui grida “Io tanto dolore!”
Intanto mi tengono a digiuno; per fortuna lunedi mattina arriva il conforto di Maria Grazia Santa Subito che da allora non mi ha mai fatto mancare aiuto, assistenza materiale e spirituale! Cosa farei senza di lei? Mi porta le ciabatte, i ricambi ed un pò di canotte, l’unico indumento in cui riesco ad infilare il braccione. Il primario ribadisce che sarà un’operazione di routine.
L’anestesista mi avverte che non mi farà una “totale”: “ti addormento solo il braccio però se senti male urla che tanto io sarò lì in zona”; per cui la mia operazione diventa uno spettacolo radiofonico; infatti mi mettono un telone davanti alla faccia, sono mezzo rimbambito ma riesco a sentire tutto quello che dicono i chirurghi ed è un incubo nero: “Taglia un altro pezzo che non vedo; ma qui è un casino, ci sono frammenti dappertutto, passami la sega del 28, non riesco a riattaccarlo, spingi un po’ in su, porca vacca mi è scappato via, stringi più forte, ieri sera sono uscito con una gnocca! Passami il vinavil, signor Comparelli tutto bene? Oooh, basta ca ta se dis-ciula! Non vuole proprio saperne di stare attaccato!, lo stiamo perdendo, lo stiamo perdendo! (questo forse me lo sono sognato…) forse ci siamo, passami una vite del 45 che gliel’attacco ed abbiamo finito, del 45? Non la trovo, uè fèm minga schèrs da prè! Cerca de fa saltà foera sta vida ca sèm minga dal feramenta neh! Eccola, ok a posto potete ricucire, pfiuuuu a l’è ndada!”
L’operazione di routine è durata 4 ore! “Abbiamo dovuto ridurre la frattura e le abbiamo inserito due viti omaggio che non ci dovrà restituire!”
Mi riportano in cella; Maria Grazia è molto felice di rivedermi … Alle 20,00 però deve lasciarmi ed inizia una delle peggiori nottate della mia vita: la lunga notte dei pappagalli! Sono a letto con indosso le sole mutande, il braccio destro è ingessato con drenaggio che termina in una boccetta ancorata al letto; sul dorso della mano sinistra c’è infilato l’ago delle flebo in posizione assai precaria (le mie vene sono poco collaborative!); sono a digiuno ma mi infilano un boccettone di flebo dopo l’altro; il mio metabolismo è molto rapido e semplice: per ogni litro di liquidi iniettati, il 99% se ne esce come pipì … Praticamente ogni ora circa con la mano sx inflebata devo sfilarmi le mutande, recuperare il pappagallo ancorato al letto, posizionarlo in modo che il pipino sia ben dentro, evacuare senza perdite, rimettere a posto la boccia piena senza spandere sulle lenzuola e ritirare su le mutande … un incubo!
Per fortuna già dal mattino riesco ad alzarmi ed andare in bagno con in mano la mia boccetta del drenaggio; il dolore è sempre stato più che sopportabile; inizia la lunghissima settimana di degenza dell’atletone (così mi hanno battezzato gli altri degenti a cui ho raccontato di essere caduto durante una gara di corsa)
Ringrazio tutti gli amici che mi sono stati vicini con sms e telefonate; qualcuno fa pure lo spiritosone: “il Compa fa il malato per farsi coccolare dalle belle infermierine bresciane …” “ma và dà via i ciapp!”
Però questa ve la devo raccontare; quand’ero un giovane e foruncoloso ragazzino sulle ragazze bresciane era nata una leggenda metropolitana che le descriveva come gnocche dagli appetiti sessuali insaziabili! Della nostra compagnia faceva parte ‘l Ricu, un ragazzone di 190cm con due spalle rubate all’agricoltura ed un sinistro al fulmicotone che ne faceva il nostro giggirriva; ‘l Ricu aveva qualche anno più di noi; era uscito “brillantemente” dalle medie dopo un prolungato soggiorno rùzà foera a forsa da bùs da la seradùra anche grazie a qualche aiuto da parte nostra; era grande e grosso sotto “tutti” i punti di vista; quando tornavamo in bici dal cinema e facevamo la sosta “e chi non piscia in compagnia o gà la mùcc o gà la via!” col suo “estintore” era in grado di spegnere un incendio a 20m … Fù adocchiato da un amico di famiglia, agricoltore bresciano, a cui non parve vero di potersi portare in casa chì dù spàll rùbà a l’agricultùra; gli propose perciò come fidanzata la propria figlia: una ragazzona che sembrava il ritratto della salute! L’affare andò in porto senza problemi; dopo il fidanzamento e le prime “uscite” interrogammo ‘l Ricu; “Alùra, ma la và? Ta sé giamò rivà al dunque?” “Pota bagài se gò de dì; la và a meraviglia; la prima volta ca l’ho purtà in campurèla e ghò slungà la màn, la mè saltada adòss e la ma vusà in da l’urègia “sbrindemela ‘o tòta!” (traduzione soft: stapazzamela su tutta). Così nacque una leggenda …
Alla prossima,
Ettore “sbrindellato” Compa
Bettelmatt Runners – Val Formazza
La sveglia suona alle 6.45, mi precipito in bagno, alzo la testa e, come temevo, nessuna buona notizia dal lucernario della mia mansarda di Fondovalle: sopra di noi solo grigio e nient’altro…
Le previsioni meteo ormai da anni non sbagliano più e l’abbigliamento che ha lasciato la pianura nel mio borsone tende più all’inverno che all’estate, ma la speranza si sa, è sempre l’ultima a morire. Mi rassegno chiudo gli occhi e scorgo il cielo blu intenso, i partoni verdi, le cime innevate e i laghi glaciali azzurro verdi che ho ammirato tante volte in Formazza come nella Skyrace dello scorso anno. Peccato penso, sarà un po’ come correre nelle campagne di Rovate a novembre con la nebbia, quei 50 metri di visibilità si e no… almeno qui non è umido. E’ più freddo e soprattutto c’è molto più vento.
Da veterano della valle so cosa mi aspetta, le giornate di nebbia bassa che nascondono le perle di questa meravigliosa vallata sono un classico, ma meglio star lontani dal Gries con questo tempo a meno che non sia una giornata speciale come questa, il giorno che nella mia stagione podistica rappresenta la sfida con me stesso in uno dei posti che amo.
Colazione, massaggio alla mia gamba dolorante – che l’anno scorso mi tradì a 5 Km dalla fine facendomi perdere una decina di posizioni – , pettorale montato sulla maglietta a maniche lunghe e partenza in direzione Riale… arrivo un po’ tardi, ma gli amici di Formazza Event hanno saggiamente posticipato la partenza di mezz’ora e tagliato la parte alta della lunga per la sicurezza degli atleti.
Alle 9.00 in punto partiamo, la nebbia è sempre bassa e da Riale si vede la diga di Morasco e niente più, i pendii e le vette circostanti sono completamente avvolte dal grigio denso e impenetrabile.
Parto con un buon ritmo, affronto la prima rampa che ci porta sulla sommità della diga, tempo di salutare i supporter rovatesi che incoraggiano me ed Alessandro, ultimi dei mohicani, poi tiro i remi in barca perché so cosa mi attende al Gries. In fondo a Morasco la mia inseparabile Elena mi passa i bastoncini e affronto la salita che porta alla piana del Bettelmatt: all’inizio sono un po’ imballato poi le gambe iniziano a girare come sempre in salita e mi ritrovo ad attraversare il pascolo d’alta quota “originale” che dà il nome al famoso formaggio.
Allungo i bastoncini a 1mt e 30 cm e affronto il salitone che porta al Passo del Gries: la prima metà sono tornanti poi ad un tratto ecco il canalino che sposta il sentiero sul lato destro della montagna. Una folata di vento fortissimo mi investe… è solo l’inizio. La seconda parte di salita presenta strappi ripidissimi su sentiero sterrato ma le mie gambe abituate alla montagna rispondono bene e la scalata al Gries è conclusa in 54 minuti circa dalla partenza, 4 in meno dello scorso anno…
Proprio sulla sommità, incuranti del vento e delle intemperie, freschi dei loro 18 anni sento le urla di incoraggiamento di Marco e Simone a cui lascio i bastoncini, poi il meritato ristoro piazzato sapientemente nella conchetta riparata dal vento… ma fa comunque freddo e riparto subito: il vento come sempre al Gries è violento con raffiche costanti, ora piove ma di solito si tratta di sopportarlo quei 5 minuti e poi le montagne fanno da scudo ai turisti e agli “svitati” che come noi hanno deciso di lanciarsi in questa avventura d’alta quota. Purtroppo oggi la natura non è d’accordo e come a dire “ma cosa vi salta in mente di correre qui oggi? Non avete visto il tempo a valle? Adesso vi do una lezione…” ci sprigiona contro la furia degli elementi: vento a raffiche scende dai versanti portando acqua gelata sui runners con la nebbia che nasconde l’orizzonte e cancella i punti di riferimento.
All’altezza del Passo del Corno, siamo a 2530 mt è il punto più alto del percorso, per un attimo mi passa per la testa l’idea di ritirarmi, ma sono ormai a metà strada, che cavolo di idea stupida mi è venuta, rido di me stesso, l’ipotesi del ritiro non mi aveva mai sfiorato in nessuna competizione prima d’ora.
Il sentiero inizia a scendere, e in alcuni tratti è anche scorrevole, inizio ad allungare le falcate e l’idea di mettermi il K-way evapora del tutto, sopporto bene il freddo, correre con il K-way è come viaggiare in auto col freno a mano tirato.
I Km scorrono uguali nella nebbia, ma d’un tratto scorgo la Capanna Corno: il bizzarro rifugio elvetico col tetto “al contrario” da lontano sembra il LEM appena atterrato sulla Luna avvolto dalle polveri.
Sarà che ho preso in giro gli svizzeri che l’anno scorso hanno proposto al ristoro l’imbevibile rivella, sta di fatto che quest’anno il ristoro proprio non c’è… chiedevamo un bicchier d’acqua per mandar giù un integratore niente più… che tristezza…
Un po’ inca***** riprendo la corsa verso il San Giacomo e con gran fatica supero l’ultima salita che come sempre sembra non finire mai, le gambe iniziano a essere pesanti, finalmente il ristoro al confine e via per gli ultimi 6 Km a costeggiare il Lago Toggia di cui si intravede a malapena la riva.
Mi faccio coraggio e mi dico: in fondo manca solo una “serale” (6 Km) da qui all’arrivo! Inizio a spingere ma a metà lago la mia gamba destra inizia a fare le bizze, l’infiammazione al tendine non perdona e mi tocca rallentare per non peggiorare la situazione. Dal Gries in poi ho corso tutta la gara praticamente in solitaria, non vedevo davanti nessuno e dietro ero stato quasi raggiunto da un podista che poi ho seminato nella nebbia… ma memore dello scorso anno rallento e alla diga del Toggia perdo una posizione, iniziano i tornanti e poi i sentierini che ci portano in picchiata verso l’arrivo. Dopo tre gradini un crampo, poi un altro… mi tocca fermarmi o rischio di cadere rovinosamente. Mi riprendono altri due podisti e li lascio passare poi riparto, sembra che la gamba sia di nuovo ok, recupero una posizione e nell’ultima parte di fango-planing tra le urla di incitamento della mia Elena e i complimenti dei tanti amici presenti affianco un altro concorrente e concludiamo insieme con un abbraccio e un high-five!
Concludo 17° su 118, sorriso a 32 denti, il crono dice addirittura 2h24min, 6 in meno dello scorso anno in queste condizioni meteo avverse, la gamba destra è dolente ma ormai chissenefrega, ricevo i complimenti anche da Giorgio organizzatore e compagno di tanti allenamenti… arriva anche Alessandro che mi ha sempre battuto in tutte le gare dell’anno, ma oggi mi son preso una bella rivincita nella gara più difficile.
Ancora quattro chiacchere e, non so come, mi ritrovo a correre verso il Centro Fondo dove mi attende una doccia tiepida… “beh allora potevi fare la 35 no?!” mi urla un amico… in effetti ne ho ancora, sarà la soddisfazione ma le gambe sembrano leggere leggere…
Pasta party offerto agli skyrunners e premiazioni a seguire: adesso diluvia davvero su questa giornata che sarà davvero difficile da dimenticare. I miei complimenti a tutti gli atleti che hanno saputo sfidare se stessi in una giornata da caminetto e TV!
Complimenti anche a Formazza Event in particolare per la massiccia presenza di personale lungo tutto il percorso ancor più importante in una giornata come domenica con condizioni meteo al limite… un unico consiglio per l’edizione 2012: trovate il modo di far mettere agli svizzeri un tavolino almeno con l’acqua!!!
Alessio Castiglioni
Michela ha corso con me.
Sono tanti i bei ricordi che mi porto dietro dalla Stramilano 2010:
L’accoglienza calorosa e sincera degli organizzatori che hanno ospitato me e mio padre in maniera squisita (siamo stati per due giorni insieme a top runners !!!)
Il premio di categoria MF35 in ricordo di Michela offerto dalla Croce Rossa
La targa degli organizzatori consegnata a mio padre (io stavo ancora correndo) con una dedica per Michela che continuerà sempre a correre la Stramilano
Le lacrime dopo il traguardo, gli applausi del pubblico al ricordo di Michela, le foto sul palco, l’intervista dello speaker, gli abbracci e i sinceri ringraziamenti degli organizzatori di Stramilano.
L’ aver finalmente incontrato, dopo mesi di contatti, due grandissimi amici come Fabrizio Cosi e Antonio Capasso che in questi mesi hanno dimostrato una grande sensibilità nei confronti della storia di Michela.
e poi la corsa ….21 km di intense emozioni !!
Non stavo bene, da oltre un mese uscite di non più di 10km a ritmo mai sotto i 5’15” poi la sera prima anche problemi gastrointestinali (forse l’emozione ) ma avevo una carica ed una voglia di arrivare per onorare il ricordo di Michela !!!
Volevo partire a 5′ 20” ma la gambe andavano bene, non volevo avere problemi con l’ernia o gli altri acciacchi e mi sono sforzato per non scendere sotto i 5 al km
L’affrontare la gara ad un ritmo tranquillo mi ha permesso di viverla intensamente: ho pensato a Michela (il passaggio ad ogni km è stato scandito da un bacio verso il cielo) mi sono guardato intorno, ho salutato la gente che applaudiva, ho dato il cinque a qualche bambino che incitava noi corridori
Ho continuato a ritmo regolare, volevo godermi la gara e ho resistito alla tentazione di incrementare il ritmo. Ho corso per lunghi tratti con le lacrime agli occhi e con gli occhi verso il cielo.
Verso il 17esimo si sono fatti sentire gli acciacchi: prima un dolore alla schiena, poi un fastidio all’inguine e poi dolori alla pancia , ho rallentato un po’ per non rischiare ed ho chiuso tranquillo ancora abbastanza "fresco" .. a parte i dolori !!
Ho passato la linea finale di spalle in modo che fosse Michela, raffigurata nella maglietta, ed il suo 1606 a tagliare il traguardo !!
L’emozione che mi ha portato fino al traguardo si è sciolta in un pianto… c’è l’ho fatta, ho corso per Michela e Michela ha corso con me!!
3 novembre 2013, Gaiole in Chianti – L’Eroica Running – FOTO
>>>Tutte le foto di una gara affascinante corsa tra paesaggi mozzafiato…>>>